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le attraversavano, bianche nella notte crepuscolare, le davan l’idea di croci che qualcuno avesse segnato sopra la terra fiorita per ricordare ai sognatori, ai felici, che esiste ancora il dolore.

Così ella sognava ma non dimenticava. La sua ebbrezza era lucida, cosciente. Ella si abbandonava alla gioia di amare, e sentiva che questo era non solo il suo primo, ma anche il suo ultimo amore; ma non dimenticava chi era, e non voleva peccare.

Verso la fine della settimana il tempo mutò. Lia sperava che Piero arrivasse il sabato: ma quando vide il cielo coprirsi di nuvole, pensò che egli forse avrebbe rimandato la sua gita, e all’improvviso si sentì triste.

Ma verso il tramonto, mentr’era affaccendata in cucina, sentì Nino gridare dal sentiero:

— Eccolo, eccolo, viene! Ha la valigia!

E per la prima volta ebbe vergogna di venir sorpresa in cucina dal suo amico, e corse in camera per cambiarsi il vestito. Dunque voleva piacergli più del solito: si accorse di questo suo desiderio, mentre si slacciava turbata il grembiale, e si allarmò, ma non smise di cambiarsi.

Quando scese vide dall’uscio, intorno al tavolo, nella luce verdognola della saletta, i fanciulli intenti, la guardiana non meno curiosa di loro e Piero che apriva la valigetta colma di frutta e di dolci.

Egli era vestito di bianco, con un bel panama