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pareti: e dentro ogni buco, nei bicchieri, nelle bottiglie e persino entro un imbuto capovolto stavano mazzetti di semprevivi dorati. Lia si guardava attorno con sorpresa. La vecchietta aveva un gusto di artista primitivo, un senso atavico della bellezza e della poesia. Un vecchio libro scucito stava sul canterano di legno rossiccio. Era la «Vita di San Gabriele», e la vecchietta lo offrì subito alla visitatrice, segnandogliene gli episodi più commoventi. Nastrini gialli segnavan qua e là le pagine ch’ella svolgeva e baciava.

— Sapete leggere? — domandò Lia, respingendo il libro. — Me lo darete poi.

— Sapeva leggere mio marito, io no. Ma questo libro non occorre leggerlo: è miracoloso, e se prendete le febbri di malaria, Dio ne scampi, o vi fanno una fattura, ditelo a me, ve lo presterò.

— Grazie tante!

Nel pomeriggio scesero alla spiaggia. La padrona della casetta dove avevano abitato gli altri anni salutò Lia dalla finestra e le domandò quando si sposava.

— Con chi?

— Col signorino che venne qui l’altra domenica.

Salvador s'era voltato ad ascoltare; un’ombra passò nei suoi occhi intenti, e fu con un certo disprezzo ch’egli disse: