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ture di gioventù. Essa era di buona famiglia; ma suo padre l’aveva diseredata dopo la sua fuga con un uomo destinato al Signore: e anche lo sposo era stato rinnegato dai suoi fratelli.

— Siamo vissuti lavorando e amandoci, signora mia. Ciuquant’anni siamo stati assieme, poveri ma felici. Se ne togli l’amore, dal mondo, che ne rimane, signora mia?

— È vero, è vero! — disse Lia.

Aggiustate le camere scesero in giardino.

Attraverso gli alberi il mare appariva d’un azzurro argenteo, immobile ed alto come una montagna: le cicale riempivano con un fruscio d’acqua cadente il silenzio del luogo, interrotto soltanto, a intervalli, dal respiro del vento marino. Le cime degli alberi si curvarono, un momento, quasi salutando l’arrivo dei bimbi e di Lia: l’aria si riempì di sussurri e di punti bianchi. Erano i colombi, che disturbati volavano dal giardino al tetto. Poi tutto fu di nuovo silenzio, e nell’aria rimase l’odore caldo e voluttuoso degli oleandri.

La guardiana pregò Lia di visitare la sua casetta, di cui Salvador e Nino avevano già frugato ogni angolo. Cucina, camera da letto, da pranzo e da lavoro, l’unica stanza della guardiana era rallegrata dallo sfondo di una finestra circondata di gelsomini; i fiori tremolavano come stelle bianche sull’azzurro lontano del mare. Ghirlande di gerani secchi decoravano le