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— L’atmosfera, intorno a lei, era vaporosa e molle; e tutte le cose assumevano aspetti nuovi e fantastici, ed esalavano profumi; le strade erano piane e facili, l’orizzonte pieno di splendore.

Ella aveva ripreso il suo passo elastico; si sentiva lieve, felice: la stanchezza, la tristezza, l’insonnia erano sparite. Eppure in quelle ultime settimane s’era dimagrita, come consumata da un male nascosto; e passando davanti allo specchio Luigi XV del salotto verde della casina, si fermò a guardarsi con sorpresa.

Le parve di esser brutta: il viso, forse per effetto del cristallo appannato e incrinato, era livido e scarno; i capelli aridi.

— Come posso piacergli? — si domandò meravigliata.

Ma subito ricordò che il loro amore non si basava sulle miserie materiali: ella avrebbe amato Piero brutto e anche deforme: e Piero l’amava com’ella appariva, umile e oscura.

Ed ella sognava ancora come una adolescente; un amore casto, senza baci, dedicato a un essere ideale più che ad un uomo vivo; era sicura di sè, e oramai era anche sicura di lui.

— Il signorino non viene? — domandò la guardiana, raggiungendola sulla terrazza.

— Verrà qualche volta, alla festa.

— È tanto buono e gentile. Quando venne, l’altra domenica, abbiamo chiacchierato tanto: ha capito subito ch’io son poveretta ma di buona