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di Lia: ma questa sentì come un peso, qualcosa che la schiacciava, come se quella mano fosse un macigno.

Parlarono dei bambini, di quello che diceva Salvador, di quello che diceva Nino: la signora Bianchi sapeva tutto, li conosceva a fondo, come il suo bambino stesso. Perchè dunque, attraverso i figliuoli, non indovinava nulla della madre?

— Che le importa di me? — pensò Lia. — Ella si occupa di loro, perchè fan parte della vita del figlio, null’altro.

E non attese più: anzi si sollevò e sorrise. Parlarono del dottor Fontana, del suo ospedalino, di altri istituti, di ospizi, di scuole, di opere di carità, di beneficenza, e dei poveri, sopratutto dei poveri, che bisogna aiutare, sollevare, elevare moralmente, sopratutto moralmente. Lia accennava di sì, di sì, e ascoltava, lontana ed estranea alla pia signora, come la pia signora era estranea e lontana da lei.

Poi parlarono d’altro: del passato, del morto; e un’ombra velò gli occhi della dama, l’ombra che ci dà la paura di un dolore che altri hanno provato: ma Lia non si turbò. Qualcosa di gelido le fasciava l’anima; le pareva che nulla, nulla più avrebbe potuto commuoverla. Il suo cuore era freddo, in quel momento, come quello che le palpitava vicino, all’altr’angolo del divano: di che dunque poterà aver paura? Di un uomo che la