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conia. La visita del celebre artista lo aveva impressionato profondamente: un giorno Lia trovò la tela rivolta contro il muro e il pittore seduto sull’ottomana con un grande album di fotografie egiziane ed arabe sulle ginocchia.
— Parto, — le disse, — vado al Cairo e rifarò il quadro. Venga con me. Ho scritto alla nonna perchè mi mandi i denari.
Lia sedette accanto a lui e cominciò a scherzare.
— Verrei volentieri se non avessi i bambini.
— Li porta con sè. Io amo i bambini.
— Allora partiamo! Quando?
Egli sollevò gli occhi e la guardò: ed ella vide una luce nuova in quegli occhi che avevano come la trasparenza dell’acqua stagnante che il sole ha dorato e riempito di maleficio.
— Viene davvero?
Ella si chinò a guardar l’album, per sfuggire a quello sguardo che l’affascinava, ma credette innocuo continuare a scherzare.
— Prima mi faccia vedere dove andremo: ci spingeremo fino al deserto, suppongo....
Egli cominciò a sollevare i cartoni e a svolgerli come pagine pesanti. Erano figure e paesaggi noti: donne levantine dal puro tipo che quello di Lia ricordava in modo sorprendente, beduine dal viso velato, altre col petto nudo; erano le piramidi su cui i viaggiatori salgono come su montagne di macigni, e i bazar, le vie