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il bel tempo tornava, Dio sia lodato; i bambini stavano bene, ella si sentiva agile e sana. E va, e va, in mezzo ai gruppi di donne straniere, che pareva uscissero da un giardino, cariche di grandi mazzi di giacinti e di fiori di mandorlo. Anche lei si sentiva un po’ straniera: e se il suo modesto tailleur pareva, per l’eleganza naturale della sua persona, un vestito da inglese, il suo cappello ricordava quelli delle impavide tedesche: ma il suo viso pallido, i suoi capelli e i suoi occhi pieni di luce tradivano la sua origine, e che erano belli glielo disse sottovoce un vecchio signore in soprabito con collo di pelo, che nonostante l’ora mattutina doveva aver ben poco da fare perchè le propose anche di accompagnarla.

Ella affrettò il passo, rapida e svelta come una scolaretta a cui la mamma ha raccomandato di non fermarsi per strada. Nè le vetrine, davanti alle quali le pareva sempre di riveder lo zio Asquer, nè i bei cappelli, i bei vestiti, i merletti, i fiori, attiravano più i suoi sguardi: ella aveva talvolta l’impressione di vivere al di sopra dei livello della città, o almeno al di sopra di tutte le cose inutili e belle che par ne formino la base, poichè riempiono quasi tutti i piani terreni delle case.

Arrivata in via Margutta cominciò a cercare il numero dello studio del pittore. Il lastrico bagnato scintillava, come riflettendo l’azzurro del