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noscerete non vi pentirete certo di essere stato buono e gentile con me. No, non sono ambiziosa, e neppure romantica; ma sebbene non abbia mai conosciuto altro mondo che questo, qui io mi sento come isolata e spostata, fra gente troppo povera, troppo affaticata nella lotta per la vita per potersi permettere il lusso di amare e di aiutare il prossimo. Qui noi viviamo come devono vivere i selvaggi nel deserto; ciascuno pensa a sè, e tutti ci sentiamo poveri e soli, come smarriti in una immensità desolata. Per dire il vero, La terra dove viviamo è ingrata, e per farla produrre occorrono continui sforzi di volontà e di fatica: questo spiega come qui l’uomo, in lotta con la natura, con gli elementi, con gli altri uomini, non abbia tempo di aiutare il prossimo. I più intelligenti cercano di andarsene, come avete fatto voi, zio, e qui rimangono i deboli, i più poveri; mio padre era nel numero, e non riuscì mai a migliorare la sua condizione di piccolo proprietario: quando morì, tutto il suo patrimonio consisteva in questa casupola ed in una vigna mal coltivata. Adesso la vigna è distrutta dalla filossera e la casa cade in rovina. Quando mio padre morì, un anno dopo la morte della mamma, io avevo dodici anni: ero intelligente, leggevo, desideravo studiare, seguire almeno l’esempio di una mia compagna che frequentava la Scuola normale di Sassari, e che adesso è maestra e si guadagna da vivere; ma la zia Gaina,