Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 162 — |
— Fa caldo a Roma, signor Guidi?
— Non tanto, ma certo qui si sta meglio. Oh, certo meglio!
— Ma le piace tanto davvero? È un luogo melanconico e solitario, un rifugio da gente sconsolata. Anche i villini, che da lontano sembrano pittoreschi, da vicino sono quasi brutti, coi loro orticelli mal coltivati e i giardini selvatici. Si direbbe che chi li abita sia gente infelice, afflitta da disgrazie che non permettono, a chi ne è colpito, di curarsi oltre della vita.
— Oh, Dio, potrebbe anche essere il contrario!
E come Lia lo fissava, egli aggiunse:
— Quella gente potrebbe invece esser così felice da non curarsi delle cose che la circondano.
Ella fece un segno di diniego.
— Non credo, signor Guidi! Le persone felici amano circondarsi di cose belle. Sono gl’infelici che non si curano più di nulla.
— Ah, cara signora, lei non conosce abbastanza la vita. Noi spesso giudichiamo infelici solo le persone che si curano di dimostrarcelo: questi invece non sono i veri infelici, perchè sono ancora vivi, si cullano nel loro dolore, provandone magari voluttà, e aspettano e sperano ancora. Essi non si curano più del loro giardino, ma si curano molto di loro stessi: mentre il vero infelice, signora Lia, ha cura del suo giardino,