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— Tu mi maltratti perchè non mi vuoi bene. Nessuno mi vuol bene, nessuno, perchè io non ho papà e non ho mamma....
Per un senso di giustizia e per cancellare dall’anima di Salvador la triste impressione, ella percosse anche Nino.
Allora accadde una scena comica e pietosa: Nino cercò protezione nel fratellino; piansero assieme, e anche il piccolo ripeteva:
— Nicciuno mi vuol bene pecchè non ho papà nè mamma!...
Lia diventò nervosa. Sopravveniva il caldo, spesso soffiava lo scirocco e turbini di polvere velavano l’aria, rendendola irrespirabile. Tutti i giorni, dalle quattro alle sette, ella conduceva i bimbi a Villa Borghese, e mentre essi giocavano nei prati ove l’erba cominciava a inaridirsi, ella ripensava al passato, seduta davanti alla fontana, nello stesso pasto ove Justo le aveva dichiarato il suo amore. E cadeva in una specie di sogno sembrandole di riveder la figura dello zio, melanconica e tetra, e la figura melanconica e dolce di suo marito.
Quel luogo era per lei quasi sacro, come un tempio ove fossero sepolti i suoi cari; i loro spiriti le si aggiravano intorno, le parlavano con la voce monotona della fontana, col mormorio degli alberi. Le pareva di aver sognato e di sognare ancora: ecco, bastava alzarsi, volger la testa, per vedere ancora la mite figura di Justo