Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/136


— 130 —

gliava in modo strano: il suo visetto pallido dai grandi occhi dolci e ardenti esprimeva ansia, desideri, fantasticherie superiori alla sua età.

— E vero che hai mandato tu Nino?

Salvador negò; ma siccome Lia lo fissava negli occhi dicendo che gli vedeva un punto giallo nelle pupille, segno di bugia, egli, sebbene non credesse al punto giallo, chiuse gli occhi e strinse le labbra per non ridere.

— Sì, ho detto la bugia.

— Usciremo più tardi, anima mia. Tu capisci; abbi pazienza.

Ma i bimbi erano stanchi di giocare; entrarono nel salottino e sedettero sul divano, sospirando e sbadigliando. Dopo un momento di silenzio Salvador domandò!

— Mamma, cosa mangiano le tartarughe? Tu, al tuo paese, avevi qualche tartaruga? Qualche biscia?

Allora ricominciarono i racconti del paese lontano, ai quali i bimbi s’interessavano in modo straordinario. Salvador ricordava ancora la brughiera, la casupola, i giorni di libertà goduti laggiù; e Lia, a misura che gli anni passavano, che la vita le mostrava sempre la stessa faccia di sfinge, ripensava anche lei alla brughiera, alla casupola, ai giorni del passato, con quella nostalgia infantile che colorisce le cose lontane e le rende belle, come la nebbia rosea del mattino rende belli i più aridi paesaggi.