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a chiacchierare ed era geloso; di tanto in tanto sollevava la bella testa riccioluta e tendeva le orecchie, e ogni parola di Salvador o di Lia rappresentava per lui un mistero. Egli viveva una meravigliosa vita di sognatore; ogni riflesso, ogni ombra, ogni gioco di luce era per lui un fenomeno; fantasmi luminosi e mostri, contro i quali del resto bastava La sola protezione della mamma, animavano il suo mondo.
Quando Salvador e Lia entrarono in camera, abbandonò la testa sul cuscino e chiuse forte gli occhi; ma come la mamma si curvava a guardarlo scoppiò a ridere, e dopo che ella, per convincerlo ad addormentarsi, ebbe raccontato la storia di un bimbo del suo paese, che, per non voler mai riposarsi, era diventato gobbo, egli a sua volta disse con serietà:
— Anche al mio paese un bambino mio amico incontrò un lupo, in riva a un fiume rosso, e cominciò a gridare «al lupo, al lupo». Allora....
Salvador rideva: la mamma disse:
— Adesso, basta; dormiamo.
Per un momento tutto fu silenzio, nella camera buia; ma a un tratto Salvador disse, inquieto:
— E se quel signore suona? Se non lo sentiamo?
— Lo sentiremo. Non pensarci.
Ma egli non potò addormentarsi.
E in attesa di «quel signore» Lia e i bimbi