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La mamma lesse, corresse, e in ultimo sorrise anche lei.
— Se continua di questo passo, la povera donna diventa milionaria.
— È meglio, allora! — disse fervidamente il fanciullo. — Anche noi possiamo fare così, e diventar ricchi anche noi.
E in attesa di questa fantastica fortuna andò ad apparecchiare la tavola: mise la sedia davanti alla credenza, vi salì d’un balzo, a piedi giunti, prese i piatti, i bicchieri, la bottiglia, la saliera, porgendo mano mano ogni cosa a Nino e dandogli ordini severi.
Durante la colazione si parlò continuamente di «quel signore», e furono, da parte dei bimbi, promesse di non disturbarlo mai, progetti e castelli in aria, ma anche osservazioni e critiche non prive di finezza. Il naso, i baffi, i bottoni, le scarpe, il bastone dell’estraneo avevano già preso un gran posto nel mondo dei due fratellini: come non occuparsene e non scovarne i difetti e i lati ridicoli? Come non imitare il suo modo di parlare e di camminare? La mamma, al solito, mise fine alla commedia, di cui naturalmente Salvador era spesso l’attore e Nino lo spettatore che rideva fino a farsi venire il singulto: il piccolo dovette andare a letto, mentre Salvador s’affaccendava in cucina e nella saletta da pranzo, sparecchiando, scopando, aiutando ad asciugare i piatti, svelto e chiacchie-