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mezzo al fogliame d’autunno; coi dentini brillanti stringeva la lingua tesa nello sforzo, e i suoi pugni, non del tutto innocui, piovevano rapidi sul fratello maggiore.

Lia piombò in mezzo a loro e li divise.

— Vergogna! Per un pezzo di carta!

— Mamma, senti, il fatto è stato questo: la carta era mia, lui, che è dispettoso, tu lo sai, l’ha stracciata.

— No, no, no! — gridava Nino, che era il più prepotente, e negava tutto, negava sempre, negava anche la luce del sole. Por lui non esisteva che la sua volontà; quando si trattava di difenderla, tutte le armi, e specialmente quelle della bugia erano buone.

— Sentite, — disse Lia, minacciandoli ed esortandoli assieme. — Vi ho detto mille volte che non dovete litigare. Siete fratelli, non siete nemici. Se non vi volete bene fra di voi, fratellini, chi amerete dunque? Chi vi vorrà bone? Se poi sarete cattivi, peggio ancora: Tu poi che capisci già, Salvador, tu dovresti compatire il tuo fratellino e dargli il buon esempio. Spero poi che quando verrà a star qui quel signore non farai chiasso. Lo sai che siamo poveri e abbiamo bisogno di affittare le camere, adesso. Ma se tu farai così, gl’inquilini scapperanno; e allora?

Egli ascoltava pensieroso, rosicchiando la cocca del grembiale, mentre Nino, contento che la