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tellini non intenerì l’estraneo, il quale anzi entrò guardandoli con diffidenza. Il salotto ove Salvador, sempre seguito dal fratellino, lo introdusse, era modesto e melanconico; e quei due bimbi, poi, uno magrolino e sdentato come un vecchietto, l’altro troppo roseo e grasso e con una capigliatura così abbondante e ricciuta che pareva una parrucca, lo fissavano con tale curiosità ch’egli si pentì di essere salito. Ma la vedova entrò, alta e pallida, vestita di nero, coi capelli così lisci e scuri che sembravano anch’essi una benda da lutto: il dolore, ma un dolore nobile e fiero, traspariva da tutta la sua persona, sopratutto dal suo sguardo, dalla piega della bocca, dal movimento delle suo mani fini e nervose: l’estraneo fu colpito dalla figura di lei, dalla luce limpida e triste di quei grandi occhi rimasti infantili, e la salutò come una dama.
— Favorisca, — ella disse precedendolo.
La camera vasta e signorile aveva alcunchè di allegro e di verginale: carta azzurra, mobili bianchi laccati, una copia di una Madonnina del Dolci sulla parete sopra il letto. Il fruscio incessante dei passeri penetrava come un soffio di gioia attraverso le tende di mussola dorata.
— Se il letto le sembrasse troppo grande, si può cambiare, — disse Lia, passando quasi con lenta carezza la mano sulla coltre azzurra.
Egli volgeva attorno i suoi dolci occhi d’egoista: guardò il quadretto, sollevò le tende, vide