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dine, aprirono i cassetti, ma trovarono solo carte inutili o un foglietto nel quale il vecchio dichiarava la sua volontà: mobili, biancheria, gioielli, tutto doveva esser diviso in parti eguali fra Lia e Costantina.

Il plico giallo coi sigilli rossi che Lia aveva intraveduto nel cassetto, il giorno delle sue nozze, era sparito: ella si sentì umiliata per la disposizione testamentaria dello zio, che l’aveva messa al pari della serva; ma non si lamentò, anzi offrì a Costantina di rimanere al suo servizio. La serva era cupa, inquieta, come se la visione della morte l’avesse profondamente colpita; ringraziò signoricca, ma dichiarò che non vedeva l’ora di tornarsene al suo paese e di ricomprare la casupola paterna, e mentre Lia conservava con cura i vestiti, gli anelli, tutte le piccole cose che lo zio, in mancanza di altri affetti, aveva amato gelosamente, ella vendette la sua parte di mobili e di gioielli, pur, come aveva ben detto Justo, piangendo e rievocando la memoria del defunto come quella di un eroe.

— Egli era buono o generoso, sì, sì; era come quelle piante storte e bistorte e dal tronco ruvido, e che danno i più buoni frutti....

— Vuoi dire di quelle piante dal cui legno si fanno i buoni mobili? — le disse Justo, canzonandola senza acredine.

Ella lo guardò selvaggia.

— Lei scherza sempre, si sa, come fanno i