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niglia, la grazia del sorriso e del pianto, tutto le dava un senso di gioia e pareva volesse ricompensarla di quanto mancava allo sposo già un poco appassito. Salvador li accompagnava nelle loro passeggiate lungo la spiaggia o sui rialzi erbosi coperti di fiori: e rideva con le onde e il suo grido si confondeva con quello delle allodole: era come uno spirito di gioia che rendeva più bello e più vivo il paesaggio, e rianimava e riallacciava gli sposi quando la noia di quei giorni insolitamente oziosi cominciava a distrarli e a dividerli.
Un giorno, mentre scendevano alla spiaggia, il postino consegnò a Justo una lettera col bollo di Roma. Era di Costantina, che dava cattivo notizie del padrone. «Dopo la partenza di signoricca egli è molto abbattuto; non parla più e sta sempre a testa bassa. Sarebbe forse bene che signoricca venisse a vederlo; poi potrà tornarsene ad Anzio».
— Devo andare? — domandò Lia inquieta.
— Torneremo tutti assieme.
Lia lesse e rilesse la lettera, diventò pensierosa, ma non parlò più finchè non arrivarono agli scogli sotto le grotte di Nerone. Era una sera luminosa; dalle colline arrivava il profumo della nepitella, e il mare d’oro o di viola era così calmo che rifletteva nitidamente le paranze simili a grandi fenicotteri argentei con un’ala in aria e l’altra immersa nell’acqua.