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è lontano; invece delle canne e dei piccoli ciliegi dell’orticello i boschi della Serra e i monti azzurri le si stendono davanti; e la vita le pare un sogno. Per scuotersi talvolta si alza, va fuori nel cortile, s’avvicina al pozzo e, senza volerlo, vi guarda dentro; ma la sua immagine sola si riflette nell’acqua ferma metallica e rotonda come uno specchio brunito: egli non è più neppure lì, è in un luogo ancora più profondo e misterioso.

Marianna rientra, e dà un’occhiata all’opera della serva: la serva, a sua volta, ha sollevato il viso per sorvegliarla, e visto che il portone non è stato aperto e la padrona non è uscita di casa, continua la sua faccenda: senza il movimento delle braccia lunghe che agitano lo staccio entro il grande canestro d’asfodelo, parrebbe, coperta com’è di farina fino alla cuffia, una statua di pietra imbiancata da un poco di nevischio.

E Marianna ritorna al suo seggiolino presso la finestra; ma le ore sono lunghe a passare; mai le sono parse così lunghe. Si alza di nuovo e va su nella sua camera,