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E come per provare a sè stessa che era libera e sola rimase sul portone, cosa che non le accadeva mai, guardando su e giù per la strada solitaria. Lievemente in pendio la strada svoltava giù tra casupole e case antiche con loggie di legno e balconi di ferro arrugginito; e su, passato il vicolo, s’apriva su uno spiazzo, con un po’ di verde e le torri della Cattedrale in alto sul cielo chiaro del mattino. Nessuno passava; in lontananza s’udiva solo qualche roteare di carro, qualche canto di gallo. Finalmente una donna apparve, in alto, con un recipiente di latta in mano, e Marianna s’accorse ch’era rimasta sul portone per questo, per dimostrare alla sua serva che era tempo di libertà: da lontano infatti la vide corrugare le sopracciglia fitte grigie sugli occhi rotondi di vecchia aquila, ma non si ritrasse. La donna affrettò il passo: i suoi grossi scarponi risuonavano sul selciato come ferri di cavallo, e tutta la persona alta, dura, fasciata dal costume barbaricino, aveva qualche cosa di ferrigno, di protervo, già vecchia eppure ancora indomita.