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dò attorno sospirando. Le pareva d’essere uscita da una buca e che d’improvviso lo spazio si allargasse intorno a lei.
Ma il padre s’era mosso dalla porta e s’avvicinava incerto, quasi timido.
Ella gli andò incontro, presentandogli l’ospite: — È il compagno di Simone; è Costantino Moro.
— Benvenuto tu sii, — salutò il padre; ed ella fu colpita dalla voce benevola di lui.
Entrarono nella cucina. Costantino sedette accanto al focolare, dopo aver appoggiato alla parete il suo fucile, ma poichè il gattino andava a rasparne il calcio, si alzò e, appese l’arma al piuolo accanto al finestrino. Conosceva il luogo come vi fosse stato altre volte, tanto bene Simone glielo aveva descritto: sì, era una casa come di città, non un piccolo ovile da poveri pastori in guerra tutto l’anno con gli uomini e gli elementi; una vera casa ove tutto spirava benessere, pace, sicurezza. La porta era doppia, la finestra col vetro, il focolare come quello delle cucine dei ricchi proprietari, con sopra pendente ad altezza d’uomo l’ingraticolato di legno per affumicare il formaggio.