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erano di sughero e le tazze di corno incise dai pastori; il grande servo impassibile faceva da scalco, spezzando le ossa dell’arrosto con le sue dita forti: quando ebbe fatte le porzioni spinse il tagliere davanti a Marianna dicendole con voce grave:
— Metti il sale.
E lei prese il sale fra le dita, e con la stessa gentilezza con cui aveva mischiato le foglie dell’alloro al sangue, lo sparse pensierosa, a testa china, sull’arrosto fragrante.
Mangiavano in silenzio. La luna rossa sorgeva come un fuoco tranquillo fra i soveri laggiù in fondo alla radura, illuminando i prati con un chiarore sanguigno; la donna, col suo corsetto di scarlatto reso più vivo dalla luce della fiamma del focolare, splendeva in mezzo alle figure nere degli uomini come la luna fra i tronchi.
Dopo l’arrosto il servo tolse il sanguinaccio di fra la cenere, lo pulì un poco, lo spaccò e di nuovo porse il tagliere a Marianna.
— Metti il sale.
Pareva compiessero un rito, il servo ri-