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sia un porchetto rubato, oh! È un cinghialetto!

Marianna guardava dall’alto, grata e commossa; e provava anche un senso di compatimento, di tenerezza, come per il dono di un fanciullo: dono piccolo ma sincero.

Egli intanto svolgeva sulla pietra del focolare il panno insanguinato. Il cinghialetto con la cotenna rossa, sventrato e ripieno di foglie di mirto, vi si distese; la bocca aperta, con le zanne lunghe sporgenti fra i dentini bianchi, pareva volesse mordere ancora con uno spasimo di dolore. Marianna prese il panno per i lembi e lo depose sul tavolo, poi si asciugò la punta delle dita insanguinate e si mise a sedere accanto al fuoco accennando a Simone di mettersi vicino a lei.

— Ti ringrazio, — disse con la sua voce di nuovo quieta, incrociando le mani sul grembo. — Siedi, Simone. Sei stato da tua madre?

— Sì, sono stato. Va sempre male, e le mie sorelle non volevano neppure lasciarmi entrare. Sì, sono stato, — aggiunse un po’