Pagina:Deledda - Marianna Sirca, 1915.djvu/152


— 145 —

Un attimo, e il lungo dolore e il lungo inverno cessarono: era ancora la notte della Serra, con la luna e il canto dell’usignolo. Allora parve che il portone si aprisse da sè, spalancato da una forza misteriosa che toglieva ogni ostacolo fra i due amanti. Simone apparve, alto, nero, col cappuccio orlato di neve come il profilo di un monte; entrò risoluto, come un tempo, quasi tornasse dall’ovile o dalla messa di mezzanotte, e andò dritto in cucina. Si guardò attorno per assicurarsi che erano soli, poi si tolse il cappotto, lo attaccò vicino al focolare come faceva quando era servo, si sfilò dalle braccia la tasca umida e gonfia, la depose per terra e si sollevò con gli occhi scintillanti di gioia.

— Marianna! Sono dunque qui!

E scuotendo la testa come per scacciarne via l’umidità ma anche per dire a lei: — sì, sono proprio io — le prese le mani con le sue mani fredde.

Si guardarono, in silenzio. Marianna tremava, le gambe le si piegavano. Le pareva ch’egli le sorbisse l’anima con gli occhi