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Tre giorni dopo arrivò per lui dalla Sardegna una lettera quadrata ed elegante, in busta avorio; la scrittura era alta e sicura, una indefinibile fragranza esalava dai fogli grandi e lucenti. Il Direttore l’aprì e la lesse con una certa trepidanza, non confessandosi che l’aveva aspettata.

Dopo tutto egli era uomo, giovine ancora; aveva molto sofferto e molto amato, e se i suoi dolori particolari gli avevano lasciato quella profonda indifferenza, che passava per crudeltà, per le infinite miserie su cui gli toccava dominare, un pezzetto di cuore e di sentimento umano gli restava ancora. Se il n.° 245 fosse stato un povero diavolo come quasi tutti gli altri detenuti, nonostante l’omonimia interessantissima, il Direttore dopo il primo giorno avrebbe lasciato correre; ma il bel giovane fiero e distinto che veniva quasi circondato da una leggenda, attirava l’attenzione di tutti, e quindi anche la sua.

E le bizzarre voci correnti per le lugubri celle e nei tristi ambulacri dello Stabilimento, erano giunte anche a lui.

Il dubbio che in esse ci fosse qualcosa di