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un piccolo uomo | 57 |
mana dal suo arrivo, era odiato e, strana cosa, temuto.
Avendo chiesto permesso di scrivere, il primo aprile egli fu chiamato in Direzione; una stanza grigia desolata, arredata rigidamente: dalla finestra inferriata penetrava un rettangolo di sole pallido e scaccheggiato, sul cui chiarore muovevasi l’ombra d’un ramo lontano. Il Direttore lavorava curvo più che mai su un tavolo grigio: non si mosse, non si sollevò che dopo lungo tratto di tempo durante il quale Cassio, ritto e rigido, con gli occhi fissi sull’ombra del ramo tremolante al sole, si rose di umiliazione.
Ah! davanti agli altri, davanti a quella turba di delinquenti e di vilissime guardie, egli almeno poteva darsi la soddisfazione d’una certa dignità sprezzante: era più forte di coloro che lo legavano, più grande di quelli che sdegnava chiamar compagni di sventura: ma dinanzi a quel piccolo uomo sofferente e sprezzante doveva curvarsi, rispondere, umiliarsi.
— Ella — gli disse bruscamente il Direttore, voltandosi senza levarsi, — condannato a tre