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48 | g. deledda |
Maria teneva alto un lume, la cui luce tremò alla fredda aria della scala. Nino s’estrasse rapido dalla tasca del soprabito la bianca ed elegante lettera, e gliela pose nell’altra mano.
— Leggila, e rispondimi domani.
E siccome ella rimaneva stordita, egli le prese rapidamente la testina fra le mani e la baciò: e fuggì via, scendendo i gradini a tre a tre e rialzandosi il colletto del soprabito. Maria scese, rinchiuse la porta e risalì guardando da una parte e dall’altra la cara lettera; le sue labbra non avevano sentito neppure le dolci e ardenti labbra di Nino, ma l’anima sua aveva sentito il bacio d’una nuova vita, e in quello sfondo buio di scala, sul cui vuoto i ghirigori neri della balaustrata guardavano come strani occhi oscuri, scorgeva un orizzonte luminoso.
Invece di rientrare nella stanza da pranzo proseguì a salire le scale. Ed ecco Diego, ritto sui gradini, serio e fatale.
— Cosa fai lì? — domandò Maria, spaventandosi e indietreggiando.
— Ho veduto tutto! — egli disse. — Tu fai l’amore con Nino Faira, e se non mi paghi dico tutto alla mamma e a Filippa!