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24 | g. deledda |
o d’olio, il cui ricavo intascavano senza scrupoli, spendendolo segretamente in leccornie), e poi perchè la madre non lo permetteva.
— Il giuoco da carte con scommessa è il giuoco del diavolo, è peccato sette volte mortale. Io non voglio, — diceva, — che voi scommettiate neppure la punta d’un capello. Se vi piace, giocate per giocare, altrimenti getto le carte nel fuoco.
E non solo fece questo, ma diede a Diego un paio di scappellotti quando, per mezzo di occulte spie che s’indovina chi fossero, venne a sapere che i giocatori scommettevano in segreto frutti e dolci, castagne e oggetti di vestiario. In mancanza d’altro — riferì la spia — essi si giocavano a carte la gatta Occhiverdi, i cespugli di fiori dell’orto, la facoltà di dare un formidabil pugno a chi perdeva!
Bruciate le carte, donna Martina si lasciò lungamente pregare e supplicare prima di permetter ai due giocatori di riprender, con formale promessa di nulla più scommettere, il serale arrabbiato divertimento.
Ora essi giocavano così, per la sola soddisfazione di vincere: quasi sempre però la fini-