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Per istrada gli avevano consegnato una lettera di Antine. Egli non poteva leggerla, ma sentiva che dentro quella busta c’era un’immane sciagura. E c’era infatti.

Antine era scappato dal Seminario e da Nuoro. Le poche righe febbrilmente tracciate dicevano così:

“Caro padre, quando riceverete la presente io sarò lontano da qui e da Nuoro. Perdonate l’immenso dolore che vi dò: ma questo risparmierà altri dolori più gravi che potrei darvi in avvenire, se continuassi in questa via per la quale non son chiamato. La mia decisione era presa da molto tempo, ma non osai aprirmi con voi perchè, fisso come siete nella vostra idea, non mi avreste compreso. Non crediate ch’io vada a correre il mondo. Vado a studiare, a farmi uomo, e un giorno spero ricompensarvi di quanto avete fatto per me, nonchè del dolore che oggi vi dò. Don Elia, che mi ama come un fratello, e che — forse lo sapete, — è stato il primo ad aprirmi gli occhi, ha promesso ajutarmi negli studi.

“Addio, addio, caro padre; vi scriverò meglio appena sarò sistemato nella nuova resi-