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impregnato dal profumo amaro degli oleandri, saliva dal Tirso, fondendosi con l’aria calda e con l’aspro odore del fieno. In lontananza, nell’estremo orizzonte, Monte Urticu sorgeva azzurro sul cielo roseo.

Il piccolo Minnai, dai grandi occhi azzurri limpidi e sorridenti, vestito d’orbace nero, teneva le mani ferme sulle pietre calde del muro, e guardava fisso sullo stradale arido e deserto.

La venuta del fratello era per lui, ogni anno, un avvenimento importantissimo. Vide un uomo a cavallo. Anche zio Felix lo vide, e credendolo Antine si rallegrò tutto. Ma i suoi deboli occhi lo tradivano, mentre Minnai distingueva bene il cavallo nero con le zampe bianche e il paesano sedutovi sopra.

— È tuo fratello, quello? — disse zio Felix, rivolto al fanciullo. Questo osservò acutamente il movimento delle labbra paterne, e accennando di no, sorrise malizioso, tutto contento di aver veduto ciò che suo padre non distingueva.

Il paesano s’avvicinò è si fermò presso il muro. Come i Nurroi, anch’egli era di Ottana,