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cola lì, è composta come maccherone condito! E quella stupida di donna!...).

E quella stupida di donna sentiva crescere la sua soggezione, i suoi impeti d’ira, la sua impotenza contro l’ambiente e contro la posa di donna Jusepa.

— Venite sempre, - disse questa, prima un po’ timidamente, poi con degnazione, — venitevene sempre, giacchè io non posso uscire. Prenderemo il caffè assieme, ogni giorno. Vi piace questo caffè? — e lo faceva sgocciolare traverso la luce, dai cucchiaino alla chicchera; — è portato dal continente, sapete; qui non ce n’è di sicuro!

— Sì, è migliore del mio, — pensò zia Antonia con tristezza, ricordando la sua caffettiera con tanto di fuliggine sopra, ove bollivano due granelli di caffè e tre d’orzo in mezzo litro d’acqua.

Preso il caffè, Jusepa s’alzò, e sempre facendo la calzetta, disse:

— Andiamo ora, mamma, che vi mostro tutta la casa. Voi non siete mai entrata qui. Andiamo.

— Il padrone s’adirerà.... — arrischiò zia