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provavano freddo, non sentivano il vasto soffio del vento che scuoteva le inferriate e passava con un possente fruscìo come di mille giganti in corsa; e non pigliavano parte alla conversazione o meglio alle conversazioni. Giacchè la numerosa famiglia era divisa per la vasta stanza in altri tre gruppi distinti.

Intorno al pedale di legno dell’antico braciere, sul cui rosso fuoco la cenere stendeva un sottile merletto bianco, stavan Margherita, la maggior figlia, e Giovanni Faira, suo marito. Entrambi biondi, egli piccolo, pallido, con occhietti azzurri socchiusi; ella altissima ed elegantissima nel modesto vestito di indiana pelosa a quadrati rossi e violacei; venivano chiamati da tutti, anche in famiglia, i “signori l-i„ per la loro diversa statura. C’era poi donna Martina, e, un po’ lungi dal braciere, Filippa, la secondogenita e Nino Faira, fratello del signor Giovanni, che faceva segretamente e da lontano la corte a Maria, terza figlia di donna Martina Marvu. Nino, studente in primo anno di leggi, che passava in paese le vacanze natalizie, veniva ogni sera dai Marvu a scorrervi alcune dolci ore di segreta estasi, in