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donna jusepa 153


nitidamente perchè era venuta: anche tra i volanti e i fiocchi della veste e tra gli orecchini e gli anelli a pietre turchine, ravvisava sua figlia, e tutto il sangue le affluiva al cuore, dandole un’ansia, una palpitazione dolorosa. Allora sentiva un caldo impeto di rizzarsi, e schiaffeggiare quella signora, e aprire il coltellino che aveva in tasca e ficcarglielo negli occhi; ma non poteva, non poteva, non poteva.

Glielo impediva qualche cosa di strano, d’invincibile; l’ammirazione per tutto quel ben di Dio del quale sua figlia sembrava padrona, e il bizzarro sentimento, tosto riedente, che quella che le stava avanti non fosse Jusepa.

No, non era Jusepa; era donna Jusepa.

Fu servito il caffè, in un vassoio smaltato, con chicchere di porcellana diafana e cucchiaini d’argento cifrati, pesanti come randelli.

Zia Antonia non aveva mai neppur sognato un simile lusso. Il caffè poi era magnifico; entro i cucchiaini d’argento sembrava rubino liquido.

A poco a poco Jusepa prese un atteggiamento, una posa indescrivibile. (Maria Ghespe, che non osava alzar neanche gli occhi, entro di sè le faceva le fiche, pensando: Ec-