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150 | g. deledda |
— Questa è opera di Maria Ghespe, — pensò, — ah, la farà con me.
— Oh, mamma! — disse ad alta voce, andandole incontro.
Zia Antonia non s’era neppure accorta del turbamento di Jusepa; e restava sull’ingresso, come paralizzata sotto la gonnella nera che le avvolgeva il capo e il busto. Cosa era tutto questo che vedeva, Dio mio? Ella non era mai entrata in casa di don Antine, e aveva dimenticato le entusiastiche descrizioni fattele da sua figlia nei primi tempi del suo servizio. Ora la vasta stanza dipinta, piena di credenze dietro i cui cristalli, riflettenti la luce delle finestre, splendevano vecchie porcellane e argenterie e cristallerie preziose, le sembrava una chiesa.
Jusepa poi le diede, a prima vista, una gran soggezione; non le parve assolutamente più sua figlia. Vestiva da signora, a testa nuda, coi bellissimi capelli biondi rialzati sulla fronte e sulla nuca; era poi grassa, bianca e rosea, con gli occhi splendenti come le vetriere delle credenze; e faceva la calzetta come una vera dama.
Zia Antonia non potè trovare una parola;