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134 | g. deledda |
rispondessi? Che appena tornato dall’ovile te lo avrei detto.
Zia Antonia restò accoccolata accanto al fuoco, ma senza farne le viste seguì con sguardo sospettoso ogni movimento del marito e quando questo uscì fuori imprecando, ella singhiozzò piano piano, nascondendo il viso pallido e rugato fra le mani. Facendo un gran chiasso sull’antico selciato, coi suoi scarponi ferrati, zio Bakis scese rapidamente il lungo viottolo precipitoso che dalla sua catapecchia, posta in cima al villaggio, conduceva sino alla chiesa. Poi percorse altre due stradicciuole buie, perfettamente silenziose, e andò a batter il muso contro la casa di don Antine. Una casa nera, circolare, con finestre piccole, irregolari, munite di inferriate e di persiane a lamine di ferro. S’udiva solo il cigolio dei fumajuoli sul tetto, scossi dal vento notturno; ma appena zio Bakis battè fortemente al portone, cinque o sei cani abbajarono con diverse voci rauche, sonore, nell’interno, e tutta la casa parve scossa da un fremito.
— Chi è? — gridarono dall’interno.
— Sono io.