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122 g. deledda


buscò le febbri: anche il suo visetto di smalto antico si deformò, anche il suo piccolo stomaco si gonfiò, quasi un mucchio di rane palustri color giunco v’avesse preso abitazione.

Un giorno le vicine videro zia Jacobba e la piccina avviarsi verso lo stradale.

— Dove andate, comare? — chiese zia Sebia.

— A Nuoro, per curare questa bambina, — zia Jacobba rispose con profonda tristezza. (Il porchetto e le galline erano state vendute).

Zia Sebia rise con gli occhi verdi scintillanti. Come mai quelle due potevano andar a Nuoro; come potevano neppure arrivarci?

Eppure si seppe più tardi che eran salite in vettura per arrivarci, e che a Nuoro il medico visitava Chianna quasi fosse stata figlia di signori.

Lungo tempo zia Jacobba restò lontana; in modo che le nottole e i sorci davano ogni sera meravigliose feste da ballo entro la casetta. Il fuso di Chianna fu tutto rosicchiato e sul pajolino brillò il verderame. Poi l’esattore mise tre volte all’asta lo stabile, per lire tre e centesimi settantadue di imposte arretrate.

Spero vi ricorderete il resto.