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l'assassino degli alberi 103


qualche alveare, traendone il miele caldo e giallo come oro liquefatto: scannarono le pecore, le scuojarono, tirandone giù la pelle che si separava azzurrognola dal corpo roseo ed ignudo delle bestie; cucinarono i sanguinacci fra la cenere ardente, e arrostirono le carni su lunghi spiedi di legno, scherzando e ridendo con le donne che li ajutavano.

Paska era naturalmente la regina della festa. Le altre donne, che le stavano intorno come ancelle, non le lasciavano far nulla; ma ella presiedeva, con l’alta persona bisantina che ogni tanto fremeva come gli esili giunchi del fiume.

E un po’ sparsi da per tutto, i contadini segavano attenti, quasi con religione, i contorti olivastri ed i vecchi olivi. Pietro Maria Pinnedda, il famoso innestatore, andava da un gruppo all’altro, guardando coi suoi grandi occhi grigi e maligni. Il suo volto era acceso; un principio di barba gialla gli dorava le guancie.

Infilzata la marza sul tronco reciso, giallo e fresco, lo si attorcigliava strettamente con un tralcio di vincastro; poi lo si ricopriva di terriccio impastato, sul quale il fiero dito di Pietro