Pagina:Deledda - Le più belle pagine di Silvio Pellico scelte da Grazia Deledda, 1923.djvu/17


V

lo dubita; pur tuttavia le forma non è pari alla concezione. Quando invece gli accade di non aver più davanti a sè la sua creatura, ma per foga d’entusiasmo o tenerezza di sentimenti s’immedesima con essa, il che è ben facile a discernere, e apre il suo cuore come foste lui Paolo nella Francesca da Rimini, allora ne scaturiscono quelle stupende battute che elettrizzarono tutta l’Italia, e quella dolcissima scena d’amore fra Paolo e Francesca, dove l’incertezza e i sospiri dei due amanti ricordano il Silvio che non ardiva parlare del suo affetto a Teresa Bartolozzi.

Appunto perchè è lui che vive e che parla, nelle «Mie prigioni» è grande.

La sua personalità vi è netta, senza contradizioni, anche con quei cangiamenti che i tre periodi della tua vita, la giovinezza, i dieci anni di carcere con il tempo che seguì fino alla pubblicazione delle «Mie prigioni» e la vecchiaia, hanno apportato.

Sempre una grande serenità un po’ melanconica, nel pensiero e nelle azioni, una coscienza netta e fortissima tale da affrontare qualsiasi pena piuttosto che salvarsi con un’accusa o una menzogna ignobile.

Fin dalla prima giovinezza, cresciuto fra parenti religiosi, fu predisposto a un profondo culto di Dio: trasferitosi per quattro anni a Lione, la vita brillante e mondana di quella città lo distrasse, e