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eternità. Vi siete abbastanza vendicato. Adesso basta. Basta! Basta! Che vi ho mai domandato, io? Ditelo, ditelo.

— Eh, niente, uccellino! Non mi hai domandato niente! Ma se ho sempre fatto quello che tu hai voluto! Così non l’avessi fatto! Saresti più contento tu, adesso, e più contento io. Ma non importa: se sei malato cùrati. Domandiamo la licenza, e te ne andrai al predio di Santa Maria ’e Mare come quella volta quando eri convalescente del tifo. L’aria marina fa bene.

— Padre! — gridò Andrea irrigidendosi, coi pugni chiusi. E pareva si allungasse alzandosi sulla punta dei piedi. Anche i suoi occhi sfolgorarono d’odio e di disperazione; d’un tratto però tornò a piegarsi conficcandosi le unghie nelle palme delle mani.

Il padre continuava, implacabile:

— E verrà Vittoria, a curarti. E tu butta via i tuoi libri e le tue idee, come io ho gettato il guscio dell’uovo nel cortile. Sii uomo! Non andare più di qua e di là a farti riempire la testa d’aria. Lascia che il destino compia l’opera sua. Va da Vittoria e sta con lei: è quello il tuo posto. Va, va! Vedi che bella giornata? Il moscone ronza intorno al vetro e l’aria è morbida come il velluto. Va da Vittoria figlio mio: è il vostro tempo, questo.

— Ah, basta! — rantolò Andrea, curvando il viso sul petto. Ah, urlare, urlare il segreto che lo strangolava. Ma e poi? Sarebbe stata la fine, ed egli non voleva precipitarsi a capo fitto nell’abisso.