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altrui, anche lei, come Mikali, ha tutto perduto: casa, famiglia, beni e fama, per colpa altrui! Ed ella si attaccava a me, fin da bambina, quando suo padre fu condannato e portato alla sua pena, ed ella, rimasta sola, fu accolta nello stazzo: si attaccava a me come il caprettino orfano alla pecora che può allattarlo: ma un giorno io e lei vedemmo Vittoria e Mikali abbracciati. Battista mi cadde sul grembo come morta. E Mikali dice: «Madre, che posso fare? posso domare i puledri, ma non il destino». E adesso, Andrea, taci, taci; che si può fare? Vedi che non sei solo a soffrire.
Egli si sollevò; pareva non avesse ascoltato una sola delle parole di lei: e stette immobile, lungo tempo, curvo sotto le stelle che salivano sul cielo, mentre quella della sera cadeva lentamente verso il confine della terra. Il lume dello stazzo si spense. La madre gli toccò il braccio.
— Sì, — egli disse scuotendosi — vado, vado. — E si alzò; ma ella lo tenne per la mano, col viso pallido sollevato nell’ombra.
— Andrea! dove vai?
— Vado a casa. Domani ci rivedremo, per non lasciarci più.
Fece alcuni passi barcollando, come ubbriaco, poi le tornò davanti.
— Venite con me, adesso. Quando sarete a casa tutto si aggiusterà — disse tendendole la mano: e tentò anche di trascinarla con sè; ma ella resisteva con una forza tenace superiore a quella di lui.