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dava un da fare frettoloso. Piccolo e sbarbato, sembrava un fanciullo, ma aveva gli occhi vecchi e la voce stanca.

— Ohè, zio Bakis, — disse curvo a palpare i fianchi nudi del malato, mentre Andrea guardava pallido e smarrito — avete ragione, che Dio m’assista! State meglio voi di Andrea. Perchè l’avete fatto venire?

— Scusi, — intervenne zia Sirena — avantieri la vossignoria diceva di farlo venire.

— Io? Può darsi.

Zio Bakis, nonostante i suoi feroci propositi, lo guardava ansioso, e infine gli chiese timidamente:

— Domani posso alzarmi?

— Domani no; posdomani.

Andrea accompagnò il dottore, poi si trovò con lui sul carrettino, trascinato di corsa dal cavallo frustato senza pietà. Andavano: non sapeva dove, non sapeva perchè; provava un malessere ardente, un dolore alla nuca, e tutte le viscere gli sobbalzavano dentro e gli pareva che la frusta colpisse anche lui.

Far presto bisogna, diceva una voce lontana; e il dottore gli raccontava la sua vita, i suoi propositi. Figlio d’un pastore, aveva studiato con rapidità consumando il piccolo patrimonio paterno, e adesso correva tutto il giorno per poter triplicare il piccolo patrimonio, e più che il pensiero dei malati lo incalzava l’ansia di far presto. Le distanze sono grandi, negli stazzi e nei paesetti perduti nella brughiera; bisogna far presto, arrivare a tempo.