pena e nella gioia, lungo la strada ove abbiamo trascinato la nostra miseria quotidiana. Eccola, la lunga strada che tu conosci, che io conosco: da una parte le case miserabili degli uomini affaticati, dall’altra le macchie d’alloro e di lentischio, gli asfodeli e i boschi di quercia. Tu hai guardato attraverso la siepe pensando a me, io ho guardato attraverso la siepe pensando a te: e desideravamo di entrare e di andare laggiù per ritrovarci, mentre eravamo uniti e il tuo cuore e il mio fiorivano assieme come la rosa doppia sopra il muro del cancello...»
Ma la nota acuta insisteva «vieni, vieni!» e Vittoria vedeva avanzarsi il bel giovine amante e l’aspettava vibrando tutta, non sapeva di che, se di desiderio o di pena; e non sapeva ciò che voleva da lui, se il bacio, la voluttà o l’oblio: voleva qualche cosa che era al di là del bacio, della voluttà e dell’oblio. Che cosa, non sapeva; ma ne soffriva e ne gioiva, e la voce del piccolo strumento spandeva il suo grido nostalgico per tutte le terre intorno, per tutta l’isola, echeggiava nel cuore di tutte le donne sedute sul limitare delle loro porte, fondendosi col crepuscolo, inafferrabile e struggente come il crepuscolo stesso.
Deledda. Le colpe altrui. |
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