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suo simile. Tutti deboli siamo e soggetti all’errore. Ma egli mi diceva: quando nostra figlia sarà grande lascia che veda da sè il suo bene e il suo male. Così io ti ripeto: Vittoria bada a te!

— Sì, credo di fare bene. Io non posso legarmi ad Andrea perchè ne amo un altro. Ricordatevi ciò che è accaduto alla loro madre...

— E tu credi che sarai felice con l’altro? Pensaci bene, anima mia.

Vittoria alzò le spalle, ma subito l’espressione del suo viso si fece grave.

— Non è questo, madre! Non m’importa neppure della felicità!

E guardò a lungo fuori, verso lo sfondo della brughiera, corrugando le sopracciglia. Sentiva a un tratto un’angoscia misteriosa, come se la sera calasse anche dentro di lei; e il bisogno di fermare la luce sull’orizzonte, di riempire il mondo col grido della sua passione, la spinsero a cercare la fisarmonica ed a sedersi sullo scalino della porta.

Con lo strumento appoggiato al ginocchio, reclinò il capo a destra per ascoltare meglio le note, mentre le sue dita fini e brune correvano sui tasti, dapprima lievi come le penne di un’ala, poi tenaci come artigli. In breve tutta la brughiera fino all’orizzonte rosso parve animarsi e palpitare. Erano gridi di gioia, richiami d’amore, lamenti di desiderio che andavano di macchia in macchia, di cespuglio in cespuglio come cercando nelle ombre del crepuscolo un fantasma che rispondesse sullo stesso tono; e non trovandolo tornavano indietro, diventa-