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veva piegarsi fra le sue mani come i fili d’erba che strappava di sotto all’asse spezzandoli e buttandoli via.

— Tu, adesso, te ne andrai, sì, non ti trattengo, per quanto lo desideri. La tua presenza mi eccita, e turba anche mio padre. Bisogna che egli si calmi e che sia calmo anch’io. Vedrai che si piegherà, vedrai.

— E zia Sirena? — domandò Vittoria sottovoce.

— Che c’entra zia Sirena? È una serva e deve tacere. La vera padrona, qui, sarai, sei già tu: questo anche lo capisci, vero? Anche mia madre ti obbedirà. «Sei il giglio della valle, e come il giglio s’innalza sulle siepi di spine così tu t’innalzi su tutte le donne, o mia diletta!» Ma perchè stai così? Adesso non ti bacio, vedi. Vedi come so vincermi? Sii forte anche tu, su! — disse gettandole un pugno d’erba sul collo come per scuoterla dallo stordimento in cui pareva immersa.

Ma ella aveva un’altra domanda da fargli. Nascose la mano per non vedere più l’anellino d’argento e domandò con un soffio:

— E Mikali?

— Mikali? Ah, lui certo non verrà qui! Questo non lo pretendo. Seguirà la sua via; adesso basta a sè stesso.

— Ma tua madre non vorrà separarsene.

— Mia madre mi obbedirà; non pensare a questo.

Ella si alzò ed Andrea la cinse di nuovo, guardandola di sotto in su con occhi suppli-