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così penso che dobbiamo obbedire a una legge ancora superiore, a costo di tutto, passando sopra tutto. Questa legge è il dovere. E il mio dovere, adesso, lo capisco bene: è quello di rimettere in ordine la mia vita e la mia famiglia. Così ci sposeremo, se tu vorrai, e vivremo qui, in pace, coi figli che avremo. Ma prima, devo far tornare a casa mia madre e obbligare mio padre a perdonarle. Tu, lo so, sei contenta di questo.

Contenta? Vittoria lo guardò così spaventata che egli si mise a ridere.

— Perchè mi guardi così? È la prima volta che lo dico? No, non è la prima nè la seconda volta — proseguì come rispondendo a sè stesso. — Ma è forse la prima volta che lo dico col fermo proponimento di eseguire la mia volontà. Mio padre si piegherà, vedrai, si piegherà — ripetè cogliendo un filo d’erba e spezzandolo con lieve moto di sdegno. — Lo farò piegare io. Dopo tutto cos’è lui? Un bambino gigantesco e crudele che ha fatto sempre il piacer suo. Bisogna che una volta obbedisca anche lui. Io non ripartirò, adesso, senza aver definita questa orribile cosa. Mia madre non deve più far la serva; basta, con la sua penitenza umiliante per tutti. A costo della mia vita stessa voglio ch’ella ritorni qui. Tu... non dirmi nulla...

Vittoria non pensava a discutere: le tremavano le gambe, aveva paura di svenire. Ma Andrea non badava al turbamento di lei, contento di farle conoscere che finalmente la sua forza di volontà s’era sviluppata, che tutto do-