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— Malato, io? Io sto bene come uno sposo. C’è Zizza là dietro l’uscio che mi aspetta per ballare. Ebbene, vieni, e di’ a Pancraziu che vada alla mandria per scegliere l’agnello più grasso e arrostirlo. Vieni, ballerina!

La gobbina si avanzò guardando con inquietudine i fidanzati: Andrea sentì quello sguardo equivoco e d’un tratto abbandonò la mano che Vittoria tentava sempre di liberare dalla sua; poi ritirò anche il braccio ed ella si scostò, appoggiandosi ai dappiedi del lettuccio con la persona piegata da una grande stanchezza.

Il malato parlava di nuovo agitato; e voleva che l’indomani si tosassero le pecore e si facesse un banchetto per il fidanzamento dei due giovani; intanto guardava ora Andrea taciturno ora Vittoria triste e stanca e infine si sollevò, rosso, spinto da un improvviso furore:

— Ebbene, che avete tutti e due? Che c’è? Se pensate a me fate male, poichè io sto meglio di voi, e se pensate di guarirmi con la vostra musoneria fate peggio ancora perchè io non vi guarderò più in faccia...

— Calmatevi — disse Vittoria, aggiustandogli le coperte. — È che pensavo che bisogna andarmene. Mia madre è sola: voi state bene, adesso, e Andrea è arrivato...

— È giusto! Adesso che sono arrivato io, tu devi andartene! — esclamò Andrea con voce amara. E s’alzò, andò alla finestra, tornò verso di lei come volesse dirle qualche cosa, poi uscì senza parlare.

Cos’aveva Vittoria? Sembrava stesse a disa-