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cordo e il desiderio di lei lo investirono ad un tratto come un vento impetuoso, facendolo arrossire e togliendogli ogni altro pensiero di mente.

Ed eccola, nella cornice del portone, luminosa tra le figure tetre delle serve e del frate. Il cane feroce gemeva di gioia agitando la coda rossa come una pannocchia di granturco; le cornacchie e il falco stridevano e il gallo cantava come all’alba. Tutto si animava per il ritorno del padrone; egli però vedeva solo il viso di Vittoria, gli occhi dolci che sfuggivano i suoi, e l’impeto della sua gioia cadeva come stroncato da una minaccia nuova.

— Ebbene? Ebbene? Il babbo?...

Le prese la mano, la trasse nella camera del malato; ma questo sorrideva silenzioso, aspettando, e parve quasi irridere l’inquietudine del figlio.

— Ebbene? babbo?

— È più il bene che il male. Eccola, chi mi ha guarito, eccolo qui il grappolo d’uva! Noi facevamo anche a meno di te.

Andrea sedette davanti al letto e cinse col braccio Vittoria; ma la sentiva sfuggirgli, e mise la mano di lei in quella di suo padre come se un istinto oscuro lo avvertisse che quello era il solo modo di trattenerla.

— Ma voi state bene, babbo! Come va? Come vi sentite adesso?

Bakis Zanche guardava Vittoria e ammiccava, come per dirle che non aveva bisogno dell’interessamento di Andrea.