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III.
Andrea arrivò l’indomani, con la corriera delle undici.
Passato il paesetto, dove Pancraziu era andato ad incontrarlo a cavallo, davanti al cancello dell’orto di Vittoria vide il servetto che lo aspettava.
— Bene arrivato, signor Andrea. Suo padre sta meglio e la mia padroncina è là che aspetta Vossignoria. Tanti saluti dalla mia padrona grande.
— Va bene. Io vado dritto, allora.
E andò dritto, anche perchè con la sua futura suocera non riusciva a scambiare mai una frase intera: andò dritto, lasciandosi indietro le muriccie lungo il sentiero coperto di fiorellini gialli; e il suo viso scuro ossuto, ove il colore azzurrognolo degli occhiali da sole contrastava col rosso delle labbra sporgenti circondate di peluria nera, riprese la solita espressione di durezza.
Arrivato allo stazzo Zoncheddu, smontò e, dopo aver consegnato il cavallo al servo dicendogli di aspettarlo più avanti, s’inoltrò nel sentiero senza curarsi di guardare se qualcuno lo vedeva.
Non faceva più mistero delle sue relazioni con la madre e col fratello. Lontani i tempi in