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ceva quella donnina sciagurata! Sì, con lei, amica di mia madre ai suoi tempi, noi siamo state sempre in buona relazione, ed io giuocavo nello stazzo con Mikali, il bastardo, e con Maria Battista Zoncheddu, una ragazza che ha il padre condannato all’ergastolo ed è stata raccolta nello stazzo dai suoi parenti come un’orfana. Qualche volta veniva, di nascosto del padre, anche Andrea. Ebbene, egli mi faceva pietà più di quelli altri due: era più disgraziato, benchè avesse la roba. E così l’ho considerato sempre, disgraziato; sì, a voi lo posso dire: quando egli, ultimamente, veniva a casa nostra e stava lì ore e ore e non si decideva ad andarsene mi faceva pietà come un viandante che non ha casa e si riposa in qualche luogo ospitale. Così, para: voi, anche, capite tutto.
Con le mani entro le maniche egli camminava a testa bassa e accennava di sì, ma come rispondendo a qualche sua interna domanda.
— Così, para, vi dico. Con zio Bakis, sebbene parenti, non siamo andati mai d’accordo. Egli non ci perdonava la nostra amicizia per la moglie, e intentò persino una lite a mia madre, povera vedova, per la scusa dell’acqua che dal nostro orto deve scorrere in un suo terreno attiguo. Mia madre però, bisogna dirlo, è una donnina di pasta dolce ma dura: non si piega, non perdona. Noi non andavamo mai da zio Bakis, nè egli venne mai da noi; e Andrea con noi non parlava mai di lui. Anche mia madre è taciturna. Ma ecco, l’anno scorso, si andò alla festa di San Paolo a Monti, con le Zon-