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non ti lascio andare. Passerà il tempo; dimenticheremo questi brutti giorni... Mikali... anima mia...
Gli posò il viso sulla spalla e attese. Ma egli lisciava e fissava la sua berretta, a capo chino: a che pensava? Vittoria lo sentiva lontano, più lontano che s’egli fosse stato laggiù nei luoghi oscuri, e avrebbe dato il resto della sua vita per poterlo rivedere come un tempo, ardente di violenza, fosse anche violenza d’odio.
Si sollevò, si riprese, disperata e orgogliosa; agitò le loro mani unite.
— A che pensi, Mikali? Ti sei pentito d’avermi dato ascolto? Non ricomincerai domani la solita vita?
Egli tentò di scuotersi.
— Tu sei la padrona...
Allora ella volle fare dei disegni nell’avvenire.
— Faremo questo, faremo quest’altro; faremo elemosine, faremo riedificare una parte del convento per frate Zironi. Rimetteremo il vecchio fattore nel predio, e tu lo ajuterai, poichè vuoi lavorare. La casa è riattata... (ella arrossì ricordando che Mikali l’aveva fatta riattare per Ignazia) e qualche volta ci verrò anch’io, nel bel tempo, quando c’è la festa a Santa Maria del Mare... e porteremo il piccolo Bakis... e anche tua madre se ci vorrà venire. Rammenti quella volta... quella notte... anima mia? Che bella notte! Non la dimenticherò mai! Mikali!
Un tremito la scuoteva tutta; ma sebbene gli stringesse la mano con esasperazione, sentiva