Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 318 — |
miveglia gli sembrava d’essere ancora in viaggio con suo cugino Predu che se ne andava in America munito di passaporto falso. Egli lo accompagnava fino a Golfo Aranci. Viaggiavano a piedi.
Una prima tappa la fecero dopo gli stazzi di San Teodoro: accesero il fuoco con l’acciarino e Predu trasse dalla bisaccia un agnello già cotto e una zucca di vino.
E cominciarono a scherzare: erano giovani e pieni di vita entrambi, e la loro vita era così, come il paesaggio intorno, con sfondi oscuri, con chiarori di fuoco e di stelle, e un po’ di azzurro in fondo.
Scherzavano a proposito del vestito di frustagno indossato da Predu.
— Cosa mi sembri, cugino mio! Così Dio mi assista, un mendicante mi sembri. Hai fatto anche il viso del forestiere bonaccione.
— Pensare che lo indosserai anche tu, Mikali, bello grande! Sembrerai un carbonaio.
— Ah, io no; andrò vestito così.
— Per farti correre addietro gli americani? Del resto anche De Rosas era vestito così, e qui, nell’interno della giacca, aveva questo... Così poteva con facilità trarre l’arma per difendersi — disse Predu rivoltando la falda della giacca: e Mikali vide una specie di stretta saccoccia ove era infilato un pugnale.
— A cosa ti servirà? — domandò con pietà sprezzante. — A tagliare il pane nero degli emigranti...
— Meglio pane nero in libertà che pane bian-